La vita è un viaggio, un tempo fatto di tappe, scelte, vissuti ed esperienze che rappresentano il bagaglio con cui affrontiamo il percorso che ognuno si costruisce nel tempo. E come in tutti i viaggi, quasi sempre portiamo con noi qualcosa che riteniamo esserci molto prezioso, che fa parte cioè del nostro ormai consueto modo di affrontare la realtà. Spesso, il nostro più affiatato compagno di viaggio si rivela essere il sintomo: inascoltato, a volte ignorato, o ancor più spesso, oggi, mal-trattato dalla dilagante cultura psico-medicale che prescrive precise condotte da tenere, strategie ad hoc da utilizzare, “consigli” da mettere in pratica; un sistema fatto di fragile complessità che mette a tacere il prezioso linguaggio dell’inconscio che cerca, proprio attraverso il sintomo, ascolto e dialogo. Ma davvero in un’epoca che propone l’omologante appiattimento individuale, non siamo più predisposti ad accogliere l’unicità, l’alterità, l’originalità delle storie individuali e dei racconti che il viaggio nel sintomo, con i suoi segni, è capace di riportare alla luce?