SONIA MORETTI, STUDIO DI PSICOLOGIA E PSICOTERAPIA, ROMA

Pubblicazioni

Monografie & Contributi

Educare in carcere: dal gruppo come minaccia al gruppo come risorsa

In un passaggio storico complesso come quello odierno, caratterizzato da continue trasformazioni che hanno investito anche le istituzioni pubbliche preposte a garantire una convivenza sociale basata sulla garanzia dei diritti, va ripensata anche la funzione educativa svolta dall’adulto rispetto alle nuove forme di devianza agite dall’adolescente. La riflessione riguarda specialmente gli operatori che lavorano negli istituti penali minorili, deputati a garantire nel corso della misura il diritto all’educazione e a un sano sviluppo delle capacità individuali e sociali dei ragazzi detenuti. La realtà penitenziaria minorile attuale risente dei numerosi cambiamenti che si riflettono sulle modalità di fare educazione, sulle dinamiche che si sviluppano all’interno dello spazio detentivo e su quelle di interazione tra l’adulto e l’adolescente che si trova ristretto. C’è perciò la sfida a dare un nuovo significato al concetto stesso di funzione educativa e a ripensare in maniera diversa le metodologie e gli strumenti già a disposizione per creare un incontro costruttivo tra le problematiche e i bisogni dei giovani e le configurazioni e potenzialità dei contesti sociali in cui essi vivono e agiscono. Ma cosa si intende per risignificare il concetto di funzione educativa? Come possiamo creare nuovi orientamenti che diano senso all’incontro tra operatori del sistema penale e giovani autori di agiti devianti?